Storia locale
Maggio 01, 2021
Diano Marina è nota alla maggior parte delle persone per il suo mare dalle acque cristalline, che le ha fatto conquistare la meritata bandiera blu. Ogni tanto, però, vale la pena rivolgersi al passato per ritrovare le tracce della storia che ha attraversato questi luoghi.
Un’idea potrebbe essere quella di visitare il Museo del Lucus Bormani a Diano Marina; vi sorprenderà sapere quanto fosse vivace la vita nel Golfo Dianese duemila e più anni fa!
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Il Museo Civico di Diano Marina si trova all’interno del Palazzo del Parco e si compone di altre due parti – oltra alla sezione archeologica – entrambe al piano terra: una è dedicata agli eroi risorgimentali Andrea Rossi e Nicola Ardoino mentre l’altra, subito all’ingresso, ospita la collezione mineralogica De Cavero.
Per accedervi si attraversa un piccolo giardino botanico con alcune panchine e aiuole. L’edificio è un’elegante palazzina della seconda metà dell’Ottocento, affacciata sul lungomare e strutturata su tre piani. Al suo interno affreschi e pavimenti di pregio testimoniano il gusto degli antichi proprietari.
Oltre al Museo Civico, il Palazzo ospita anche la biblioteca comunale e una sala mostre e convegni.
Una rampa di scale ci conduce al primo piano, dove troviamo l’ingresso del Museo archeologico. Scopriamo che l’allestimento risale al 2004 ed è stato curato dall’Istituto di Studi Liguri: attraverso nove sale espositive e una multimediale la storia del territorio viene scandagliata dagli albori preistorici alla tarda romanità.
Ad agevolare il nostro percorso troviamo una serie di pannelli didattici disposti su ciascuna sala e che ci illustrano in modo chiaro i reperti conservati e il loro contesto. Ma per qualsiasi approfondimento e curiosità il personale è sempre disponibile a rispondere a tutte le nostre domande.
Si inizia da epoche lontanissime con la prima sala in cui sono esposti fossili, resti animali e utensili risalenti al paleolitico. Una interessante collezione paleontologica donata dal ricercatore dianese Francesco Biga ci restituisce, invece, un gran numero di fossili marini provenienti dai paesi di San Bartolomeo al Mare e Diano Castello.
Proseguendo nella seconda sala scopriamo che un piccolo abitato costiero era presente, tra Diano Marina e San Bartolomeo al Mare, già nell’età del bronzo (XVII – X sec. a.C.).
Gli oggetti all’interno delle vetrine ci restituiscono la quotidianità di circa 3500 anni fa: uno spillone, un bottone, una fusaiola, un contenitore decorato con la pressione delle dita e un’ascia in bronzo ad alette proveniente da Diano Arentino.
Ci dirigiamo nella terza sala dedicata all’età del ferro (IX – II sec. a.C.). Di questo periodo che precede la romanizzazione restano numerosi reperti e due focolari provenienti da via Villebone (Diano Marina), a dimostrazione di quanto florido dovesse essere il territorio del Golfo Dianese all’epoca.
Le sale successive sono dedicate, invece, alla dominazione romana. In questo periodo il territorio dianese inizia a diventare un luogo frequentatissimo. Tra Capo Berta e Capo Cervo, infatti, le fonti storiche individuano il Lucus Bormani, ovvero una mansio che offriva soggiorno e ristoro a chiunque percorresse la via Iulia Augusta. Il calco in resina del cippo miliare che vediamo nella quarta sala (l’originale si trova a Chiappa, frazione di San Bartolomeo al Mare), testimonia proprio questo legame con la viabilità romana.
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La Liguria, lo sappiamo, fu una terra di navigatori e mercanti, ancor prima della nascita di Cristoforo Colombo. Proseguendo nella quinta sala abbiamo la dimostrazione di come, già nell’antichità, i traffici commerciali via mare fossero attivissimi. Qui troviamo, infatti, l’illustrazione del relitto della nave “a dolia” affondata nel Golfo Dianese nel I sec. d. C. e le tante anfore che facevano parte del carico.
Leggendo tra i pannelli apprendiamo che il fulcro dell’area di sosta del Lucus Bormani è stato rinvenuto in uno scavo in località La Rovere a San Bartolomeo al Mare, da cui provengono i numerosi reperti esposti nelle vetrine del museo. Si tratta di suppellettili da mensa come brocche, coppe, vasi, mortai e anfore che ci raccontano indirettamente della convivialità romana.
Ma ecco che arriviamo alla parte più suggestiva del museo. Ci troviamo davanti all’ingresso di una sala semibuia. Ad accoglierci vi è un cartonato della dea Diana e, tutto intorno, la riproduzione del bosco che gli antichi liguri avevano dedicato alla divinità preromana Borman. Questo culto doveva essere molto sentito, se i Romani non poterono fare altro che sovrapporvi quello della dea Diana, anche lei strettamente legata alle selve e alle sorgenti.
Il nostro percorso non è ancora finito. Ad attenderci ci sono ancora le ultime due sale, dove troviamo oggetti d’uso quotidiano della fase tarda dell’insediamento del Lucus Bormani. La mansio venne abbandonata intorno al V-VII sec d.C., quando la costa divenne un luogo pericoloso a causa delle frequenti razzie barbariche e iniziò il fenomeno dell’incastellamento nell’entroterra.
I reperti conservati in queste sale ci restituiscono i dettagli della vita di tutti i giorni dei nostri antenati. Scopriamo, ad esempio, la tipologia di bicchieri che preferivano, i piatti e il vasellame utilizzati nelle dispense o in cucina. Non solo: da questi oggetti capiamo quali fossero le abilità e il lavoro svolto nella comunità grazie alla quantità di ami, fusarole e pesi da telaio esposti. Dai resti di strutture complesse, come l’ipocausto rinvenuto nello scavo di via Roma, apprendiamo invece come trascorresse il tempo libero un’agiata famiglia dell’epoca.
Ancora una volta, non abbiamo perso occasione per imparare qualcosa sul nostro territorio. La visita al Museo civico di Diano Marina è stata in questo senso preziosissima: ci ha permesso di fare un viaggio a ritroso nel tempo, alla scoperta delle nostre radici e della nostra identità. Da ripetere quanto prima!
Note: L'utilizzo delle immagini relative al materiale presente presso il Museo Civico del Lucus Bormani di Diano Marina e inserite all'interno di questo contenuto è stato autorizzato.
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