Storia locale
Settembre 24, 2020
In un tempo lontano, quando l'area tra Capo Berta e Capo Cervo – la zona che comprende il territorio del Golfo Dianese – era immersa in un fitto e rigoglioso bosco, gli antichi liguri adoravano una divinità misteriosa e a tratti spietata. In un periodo più recente, i Romani vi crearono una stazione di sosta, e la chiamarono “Lucus Bormani”: il bosco sacro di Borman.
L'aspetto di quest'area era sicuramente diverso da come si presenta oggi, con i tipici e ordinati terrazzamenti in cui si coltivano i prodotti agricoli locali. In questo articolo proveremo a ripercorrere la storia del luogo, con un po’ di immaginazione e grazie all’aiuto delle fonti storiche!
Proviamo a immaginare come vivessero le popolazioni che occupavano il territorio Diano Marina di prima dell'avvento dei Romani. È probabile che i nostri antenati si recassero al bosco di Borman per venerare la divinità silvana in occasione di particolari festività.
Per onorare il dio erigevano altari rupestri, magari disposti accanto a sorgenti naturali. La figura di Borman, infatti, era strettamente legata al culto delle acque calde sorgive. Il suo nome deriverebbe dal paleoligure "borm": caldo, o fango, inteso come sorgente termale. Ma questo termine non esiste solo in Liguria. Lo ritroviamo, ad esempio, nei toponimi di altre località in Italia, in Francia e nella penisola iberica.
Continuando il nostro viaggio nella storia, possiamo ipotizzare che per le popolazioni locali Borman sorvegliasse tutte le attività legate ai boschi. La caccia era consentita solo in determinate occasioni, e secondo rituali precisi. Il culto delle acque, inoltre, poteva prevedere delle cerimonie religiose complesse, dirette da una importante casta sacerdotale, di cui però non abbiamo traccia.
Con la conquista del territorio ligure, intorno al I secolo a.C., i Romani profanarono la radura sacra per costruirvi l'insediamento del Lucus Bormani. Si trattava di un'area di sosta, o mansio, lungo la Via Julia Augusta. Quest’ultima era la via consolare fatta costruire dall'imperatore Augusto per collegare Roma alla costa meridionale della Gallia, fino ad Arles.
Le testimonianze archeologiche e le fonti antiche collocano quest'area a 15 miglia da Albingaunum (Albenga) e a 16 miglia da Costa Balenae (Capo Don, Riva Ligure).
Ritroviamo il Lucus Bormani nella Tabula Peutingeriana, un importante documento che ci aiuta a conoscere la topografia della romanità. Ciò che restava dell'antico bosco sacro divenne, dunque, un punto di ristoro per chiunque viaggiasse lungo le vie dell'Impero.
Fa sorridere apprendere questa notizia, se pensiamo all'attuale vocazione turistica di Diano Marina: una continuità culturale e di intenti che vede nell'ospitalità la sua matrice.
La mansio rappresentò certamente il fulcro in cui convergevano tutte le attività legate al passaggio di persone lungo l'arteria principale romana. Lo dimostra la disposizione planimetrica dei ritrovamenti archeologici, così come l'estensione dei resti oltre la foce del fiume Steria.
Passeggiando per la campagna tra Diano Castello e Diano Marina, potrete imbattervi nella Chiesa di San Siro, in cui avrete modo di ammirare i resti di una antica villa rustico-residenziale di epoca romana (I a.C. - II sec d. C.) su cui si impiantò l'edificio cristiano.
Non distante si trova invece la Chiesa dei SS. Nazario e Celso. Qui gli scavi archeologici hanno portato alla luce alcune murature interpretate come vasche di decantazione, anch'esse datate all'età romana (non oltre il III sec. d.C.).
Inoltre, vi consigliamo di terminare il vostro viaggio nell'antichità con una visita al Museo Civico di Diano Marina, dove osserverete i reperti legati al Lucus Bormani in una sala appositamente dedicata.
Di particolare interesse è la riproduzione del cippo miliare che attesta la distanza di quest'area da Roma (553 miglia). Il reperto, rinvenuto nella località di Chiappa, nel comune di S. Bartolomeo al Mare (dove è ancora presente l'originale), reca la scritta:
L'Imperatore Cesare Augusto
acclamato comandante vittorioso per la decima volta, e
nella sua undicesima
potestà tribunicia
553 (miglia da Roma)
Non potendo cancellare le radici dell'antica religiosità ligure, così legate al bosco sacro, Roma adottò una delle sue armi più potenti: il sincretismo religioso. Mantenne cioè la sacralità del luogo, sostituendo all'antico culto "tribale" di Borman quello della più "civile" dea Diana, protettrice dei boschi, delle fonti sorgive, e degli animali selvatici.
Questo processo è continuato fino all’epoca cristiana, come dimostra la presenza del Santuario dedicato alla Madonna della Rovere a San Bartolomeo al Mare. L’edificio religioso sorge, infatti, su un lieve promontorio circondato da antiche querce.
Ecco spiegati gli attuali nomi dei comuni e delle frazioni di Diano Marina che rendono omaggio all'antica dea e, indirettamente, anche a Borman.
Il nostro è immerso in un territorio ricco di storia, e questo ci inorgoglisce. È sufficiente allungare di poco il passo e il cuore per scoprire, nei dintorni di Diano Marina, un mondo di storie che ci racconta di tempi lontani.
Note: L'utilizzo delle immagini relative al materiale presente presso il Museo Civico del Lucus Bormani di Diano Marina e inserite all'interno di questo contenuto è stato autorizzato.
Ulteriore materiale relativo alle immagini della Chiesa dei S.S. Nazario e Celso e della Villa Romana di San Siro è visitabile presso il Museo Civico del Lucus Bormani di Diano Marina.
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