Cosa vedere a Triora, il paese delle streghe




Il panorama sul borgo di Triora da San Dalmazzo

Borghi di Liguria

Cosa vedere a Triora, il paese delle streghe




Ottobre 27, 2022

Hai mai sentito parlare del paese delle streghe in Liguria? Siamo a Triora, in provincia di Imperia, un borgo noto per alcuni eventi accaduti verso la fine del 1500, quando alcune donne furono accusate di stregoneria.

A spasso per gli stretti caruggi di Triora

Ancora oggi Triora appare come un suggestivo borgo medievale, con stretti vicoli labirintici, piccole piazze e portoni con raffigurata una strega. Protetto dall’antico castello e da torri difensive, il borgo, nominato tra i Borghi più belli d’Italia e insignito della prestigiosa Bandiera Arancione, ogni anno attira migliaia di turisti incuriositi dalla sua storia singolare.

Il borgo è anche noto per gli eventi che si tengono ogni anno e che celebrano proprio le leggende sulle streghe: tra questi ovviamente le celebrazioni in occasione di Halloween e Strigora, la festa delle streghe, celebrata il 19 agosto.

 

Cosa fare e cosa vedere a Triora? Le attività di certo non mancano, tra monumenti, musei, attività ed eventi strettamente legati alle leggende delle streghe.

Come arrivare a Triora [ torna al menu ]

I nostri appartamenti per le vacanze a Diano Marina sono l’ideale per esplorare il Ponente Ligure. Per raggiungere Triora dall’Agriturismo Le Girandole bisogna imboccare l’autostrada A10 da San Bartolomeo al Mare, prendendo poi l’uscita di Arma di Taggia.

Dall’uscita autostradale si seguono successivamente le indicazioni per Triora lungo la SP 584, superare il comune di Badalucco e seguire la strada che si inerpica in collina fino ad arrivare a destinazione: Triora si trova infatti a 780 metri sul livello del mare.

Storia e leggende delle streghe di Triora: che fine hanno fatto? [ torna al menu ]

Leggende narrano che il borgo di Triora fosse un tempo abitato dalle streghe, tanto da essere ancora oggi soprannominato il “paese delle streghe”. Ancora oggi per le vie si respira un’atmosfera surreale, con raffigurazioni di streghe sui portoni e la possibilità di visitare la Cabotina, la casa delle streghe.

Le leggende su queste figure magiche e misteriose nascono in seguito ad alcuni avvenimenti accaduti verso la fine del 1500. Si narra infatti che Triora fu teatro di uno dei più celebri processi alle streghe avvenuti in Italia, per cui alcune donne furono accusate di stregoneria. In seguito al processo, Triora si aggiudicò quindi anche il soprannome di “Salem d’Italia”.

Una strega in via Roma a Triora

Ma che fine hanno fatto le streghe di Triora?

A quanto emerge da una lettera scritta dal Cardinale di Santa Severina, della Congregazione della Santa lnquisizione di Roma, e datata 28 agosto 1589, si può in qualche modo supporre che il Tribunale del Sant'Uffizio abbia proceduto con minor severità delle autorità ecclesiastiche di Genova e che, almeno alcune delle donne accusate di stregoneria a Triora, se non addirittura tutte, vennero successivamente liberate.

 

Fra le varie ipotesi sulla sorte delle streghe di Triora, è possibile trovarne una quanto meno suggestiva, che si ricollega a San Martino di Struppa, un paese dell'alta val Bisagno situato nell'entroterra genovese, storicamente indicato come luogo di deportazione per carcerati e, presumibilmente, delle donne accusate di stregoneria. In alcuni libri parrocchiali datati dal 1600 in poi è infatti possibile trovare il nome "Bazoro", oppure "Bazora", che richiama inequivocabilmente il termine dialettale ligure bàzura, baggiura oppure bagiua, con il quale viene indicata comunemente la strega in alta valle Argentina.

Alcune pagine ritrovate, strappate dai documenti censuari, oltre che formule magiche contro le malattie, successivamente tramandate anche dagli anziani del posto, acuiscono l'alone di mistero che ancora oggi avvolge la loro sorte.

Dal momento del loro trasferimento dal paese natio, purtroppo, delle donne trioresi si perde ogni traccia: è però bello pensare che possano essere in qualche modo sopravvissute, ricostruendosi una vita da qualche parte in provincia di Genova. È attualmente possibile imbattersi in cognomi che alludono proprio a queste donne dai presunti poteri magici, oggi trasformati in "Bazzurro".

 

"Triora è la Loudun italiana, la Salem europea. Ma è più giusto dire che Loudun è la Triora di Francia e Salem la Triora del New England, poiché il celebre processo alle streghe si svolse a Triora nel 1588, e indubbia è la sua priorità cronologica, mentre in nulla è inferiore agli altri due in quanto a spaventosa tensione. D'altra parte, il borgo arroccato sulle montagne liguri è uno dei punti del pianeta in cui si rompe la maglia rassicurante intessuta dalla cultura illuministica e in cui le tenebre elementari emergono allo scoperto. Su tutta la superficie terrestre esiste una rete di luoghi "segnati", e se ne. potrebbe tracciare una mappa:gli incroci di sulfuree coordinate, gli aleph di cui non si dovrebbe parlare.

Triora, illustre tra gli aleph del pianeta , non è un luogo esclusivo: è soltanto un centro privilegiato di-rivelazioni, e la circostante terra incognita, con le sue caverne di cui si sconsiglia l'accesso ai profani e agli sprovveduti (nonché agli illuministi irriducibili, sui quali è caduto tagliente il sarcasmo di Elémire Zolla), non è poi un mondo a sé.".

Tratto da Quirino Principe, La terra, la donna, il diavolo, il libro.

Cosa vedere a Triora [ torna al menu ]

 

Triora è un grazioso borgo dell’entroterra imperiese, situato nella Valle Argentina, che, oltre alla sua storia particolare, è caratterizzato da graziose stradine che si intersecano, palazzi storici, una chiesa e diversi luoghi di interesse.

È possibile visitare Triora in autonomia, oppure seguire uno dei tre percorsi guidati che attraversano il paese:

  • Art, contraddistinto dalla segnaletica rossa, con un itinerario che tocca i principali luoghi di interesse artistico di Triora, con partenza nei pressi del Museo della stregoneria.

  • Curiosity, con partenza dal castello e contrassegnato dal colore azzurro, che accompagna alla scoperta delle curiosità del borgo.

  • Kids, con indicazioni di colore giallo, ideato per accompagnare i bambini alla scoperta dei luoghi delle streghe, ma con una narrazione adatta ai più piccoli.

Alla scoperta del borgo [ torna al menu ]

 

Entrando nel centro storico del paese provenendo dall’ospedale, ci si imbatte fin da subito subito negli stretti e caratteristici caruggi, tipici dei paesini dell’entroterra ligure, e si prosegue in direzione della Piazza del Mercato. Sia lungo il caruggio principale, sia sulle vie laterali, è possibile ammirare bellissime porte dipinte e, in una piccola piazzetta, anche una strega stilizzata.

La Piazza del Mercato è sicuramente la piazza più ampia del paese, assieme a Piazza Beato Tommaso Regio. Su di essa affacciano antiche case in pietra a più piani, sicuramente molto scenografiche.

Piazza Beato Tommaso Regio è considerata la piazza principale di Triora. Su di essa affacciano Palazzo Stella, sede del Museo di Triora - Civico e diffuso, e la Collegiata di N.S. Assunta, chiesa principale di Triora, testimonianza dell’antico splendore del borgo.

Scorcio della Piazza Beato Tommaso Regio a Triora

Gli antichi forni e il pane di Triora [ torna al menu ]

 

Poco lontano da piazza Beato Tommaso Regio si viene attirati da un cartello con indicazioni per il Vicolo Forno: scendendo lungo il caruggio si arriva al piano terra di un edificio dove è possibile osservare un antico forno per fare il pane, con un manichino che mostra in modo stilizzato come avveniva un tempo la panificazione.

Erano ben quattro i forni pubblici di Triora: il forno “di Davide”, nel quartiere della Sambughea, un forno situato nei pressi della grotta di Lourdes, il terzo posto nell’omonima strada tra la Cava e la Carrèia (oggi Via Roma) e uno in via Dietro la Colla. Di questi, i primi tre chiusero all’incirca un secolo e mezzo fa. L’ultimo ad arrendersi fu quello situato in via Dietro la Colla, oggi sostituito da un moderno panificio in regione Quartiere.

 

Il pane di Triora è ancora oggi molto noto. Il forno infatti era molto più di un luogo di lavoro, ma anche un punto di ritrovo per le massaie del posto che, in tarda mattinata, si recavano in questi luoghi per cuocere i propri pani, riconoscibile per la forma rotonda e contrassegnati da una lettere o da un timbro. L’impasto veniva posizionato su di una tavola, la pan-oia, e infornati con l’aiuto di una lunga pala in legno, l’lnfornavuia. Come compenso, al fornaio spettava uno dei pani infornati. Successivamente venivano cotte anche le torte di verdura e le torte dolci, ma anche ortaggi ripieni.

La legna per scaldare i forni veniva procurata dall'affogavue, che come compenso riceveva quattro soldi, oppure un pane ogni quindici giorni.

 

La ricetta del pane rotondo di Triora è ancora oggi un mistero. Sono stati numerosi i tentativi di riproduzione da parte delle località limitrofe, ma con scarsi risultati.

La riproduzione di un antico forno di Triora

Il quartiere della Sambughea e la cisterna [ torna al menu ]

 

Scendendo lungo Via Camurata si passa per largo Tamagni, dedicato a Francesco Tamagni, triorese del 1863 diventato generale dopo aver ricevuto diverse medaglie durante la guerra di Libia contro l’Impero Ottomano e durante la prima guerra mondiale. In breve si raggiunge il quartiere della Sambughea e la cisterna centrale. L’inizio del quartiere segna lo spartiacque tra la parte alta e la parte bassa del paese.

Questa zona di Triora oggi appare buia, disabitata e in totale rovina. Non sorprende come anche la storia del quartiere sia permeata di narrazioni e leggende.

I caruggi della Sambughea sono caratterizzati dalla presenza di numerose porte murate. Secondo la leggenda, nell’anno in cui la peste non dava tregua alla popolazione, gli abitanti di questa strada si ostinavano a sopravvivere alla malattia, senza dare segno di voler spirare,e vennero quindi murati vivi all’interno delle proprie abitazioni.

Uno scorcio del quartiere della Sambughea a Triora

Poco distante si trova la cisterna centrale di via Camurata, una delle zone più caratteristiche del borgo, in passato chiamata "via antiche fortezze". Qui gli edifici appaiono ancora oggi intatti, risparmiati dagli attacchi tedeschi del 1944. Una scritta all’inizio del quartiere afferma che qui ci si trova al "limite della divisione del paese fra la parte alta e quella bassa" e che quest'ultima "fu soggetta ai Conti di Ventimiglia fino al 1260".

Sotto un arco troviamo dunque la cisterna centrale, che nei secoli permise di agli abitanti di sopravvivere ai periodi di siccità e agli assedi, tra cui l’assedio dei piemontesi nel 1625. Sopra la fontana si trova un altorilievo in pietra nera, opera di un artista locale, raffigurante due delfini e uno scudo.

Una targa posta sotto le arcate dell'oratorio di San Giovanni Battista ricorda Luca Verrando, ultimo usciere della locale Pretura e rinomato artista, conosciuto per le tecniche di pittura ornamentale e per la lavorazione del ferro e del legno. A lui è attribuito l'affresco dipinto nella sala consiliare del vecchio municipio, che purtroppo fu bruciato dai soldati tedeschi nel corso dell'ultima guerra mondiale, raffigurante i tre principali prodotti locali: il grano, la vite ed il castagno. Da qui si evince l’origine del nome del borgo di Triora: dal latino Tria Ora, ossia tre bocche.

La cisterna centrale di Triora

La Fontana Soprana [ torna al menu ]

 

Risalendo il borgo si raggiunge la Fontana Soprana, da cui è possibile raggiungere alcuni dei luoghi chiave di Triora: la Cabotina, San Dalmazzo, o chiesa di San Dalmazio, il Castello e il poggio della Croce.

La porta della Fontana Soprana, caratterizzata da un arco tondo, è la meglio conservata: sono infatti ancora visibili i cardini, oltre che alcuni resti della cinta muraria e delle sue feritoie.

Dalla fontana, rivestita da affascinanti lastroni in pietra, sgorga l’acqua proveniente dal canale che scende dalla sommità del paese e proviene dalla regione di Curgala, dove si trova la sorgente viva, e da Gorda sottana.

Uno scorcio della Fontana Soprana di Triora

La Cabotina, la casa delle streghe [ torna al menu ]

 

La Cabotina è conosciuta anche come “casa delle streghe”. Il panorama che si apre sulla vallata permette di scorgere in basso il comune di Molini, mentre sulla parte opposta della collina, i paesini di Andagna e Corte. Dalla Cabotina si può seguire una strada, attualmente oggetto di lavori, che si ricollega all’itinerario ad anello tra Molini e Triora. È proprio in questa zona che si possono ammirare alcune porte dipinte con raffigurazioni di streghe.

La Cabotina è di fatto una sorta di piccola grotta, un anfratto all’interno del quale troviamo il manichino di una strega intenta a preparare in un pentolone qualche pozione magica, con a fianco una scopa.

L’ingresso alla Cabotina

Nell’immaginario comune le streghe sono donne brutte e spesso malvagie. In realtà si tratta di uno stereotipo tramandato attraverso leggende e racconti popolari: erano infatti donne assolutamente normali, anzi, spesso molto affascinanti e capaci di condividere i loro poteri benefici. Erano infatti sapienti conoscitrici delle erbe e della medicina. È famosa la strigonella (staohys recta), un’erba indicata contro l'insonnia e lo stress, ma volgarmente nota come erba della Madonna: una curiosa contrapposizione tra immagini pagane e cristiane.

 

Secondo le storie giunte fino ai giorni nostri, la Cabotina era la dimora in cui le bàgiue, ossia le streghe, mischiavano le loro erbe magiche e preparavano pozioni. Si narra che, sotto gli effetti delle loro miscele, si abbandonassero a balli osceni e orge con il diavolo, che spesso assumeva forme animalesche. Rapivano poi i bambini del paese, lasciati a giocare incustoditi all’aperto e si tramutavano in zucche, attendendo poi di essere colte dall’innamorato per poi provocargli il tormento.

Dall’aia antistante l’abitazione spiccavano il volo in sella ad un caprone, dirigendosi verso il Lagudegnu, la Noce, la fontana di Campumavue o la Rocca di Andagna, arrivando talvolta sotto forma di uccello fino all’isola della Gallinara.

Scorcio dalla Cabotina, la casa delle streghe di Triora

La Chiesa di San Dalmazzo e il Rizettu [ torna al menu ]

 

La Chiesa di San Dalmazzo, o San Dalmazio, si trova a breve distanza dalla Cabotina e dal Rizettu, luogo dove erano presenti alcuni fabbricati, distrutti nel corso dell'ultima guerra mondiale, che in epoca medievale venivano utilizzati per immagazzinare e proteggere, in caso di guerra, provviste e derrate.

La chiesa, citata in un documento dell'11 marzo 1261, si pensa fosse stata eretta dai monaci benedettini nel corso della loro opera di evangelizzazione nella valle Argentina, divenendo quindi luogo di culto cattolico di Triora.

Lungo la strada che conduce alla Chiesa di San Dalmazzo si incontrano numerosi edifici in rovina, che contribuiscono a veicolare l’atmosfera di totale abbandono comune ad alcune aree della zona. Attualmente è visitabile solo esternamente.

Scorcio della Chiesa di San Dalmazzo a Triora

La Chiesa di San Bernardino [ torna al menu ]

Anche la Chiesa di San Bernardino attualmente è visitabile solo esternamente. L’edificio religioso fu costruito attorno alla metà del XV secolo e dedicato al santo di Siena, il quale avrebbe operato anche alcuni miracoli a Triora.

Degni di nota sono il porticato rinascimentale e il gigantesco ippocastano, classificato fra gli alberi monumentali. Al suo interno si trovano importanti affreschi risalenti al XV secolo e ai primi decenni del XVI, attribuiti a importanti pittori, tra cui il Canavesio e Giovanni Baleison da Demonte.

 

Cosa fare a Triora [ torna al menu ]

 

La scoperta del borgo di Triora prosegue con passeggiate e visite a frazioni abbandonate. Da non perdere anche una visita ai musei, ossia il Museo Etnografico e della Stregoneria e il Museo diffuso di Triora.

 

Una passeggiata al poggio della Croce [ torna al menu ]

Il Poggio della Croce è situato a nord di Triora e lo si raggiunge percorrendo una breve mulattiera che parte dalla Fontana Soprana. Prende il nome dalla croce in ferro apposta sulla sua sommità al termine di una missione cristiana. Come narrano gli antichi racconti, era considerato un luogo piacevole e sereno, dove rilassarsi all’ombra degli alberi.

Incamminandosi verso il borgo si incontra il Santuario della Madonna di Laghet, costruito per volere dei coniugi Luigi e Giulia Moraldo, a breve distanza dalla villa di famiglia, oggi abbandonata. Fu edificata ai piedi del luogo in cui riposa l’unico figlio, precipitato a soli diciannove anni tra le rocce di Mauta.

La chiesa fu restaurata da volontari negli anni Duemila, i quali collocarono alcune piastrelle di ceramica create dall'artista locale Diana Fontana: una centrale raffigurante l'effigie della Madonna e due laterali con San Giovanni.

Scorcio su Triora dal Poggio della Croce

Visitare il Castello di Triora [ torna al menu ]

 

Nonostante del Castello oggi rimanga poco, rimane un luogo estremamente suggestivo da visitare. La storia del Castello risale a tempi antichi: fu edificato nel periodo che va dal XII secolo al XIII secolo e costruito interamente nella roccia in quello che all’epoca era il punto più alto del borgo di Triora. Si trovava in posizione strategica e ebbe grande importanza militare, fino a quando venne gradualmente abbandonato in seguito all’avvento delle armi da fuoco.

Scorcio di Triora e del castello

Cosa fare e vedere vicino a Triora [ torna al menu ]

 

Vale la pena fermarsi poco prima di arrivare a Triora per ammirare alcuni monumenti, i panorami sulle vallate dell’Alta Valle Argentina e praticare attività adrenaliniche, come il torrentismo.

 

Il ponte di Loreto [ torna al menu ]

A circa 3,5 km da Triora è possibile vedere il Ponte di Loreto. Alzando lo sguardo verso le montagne si può ammirare l’Alta Valle Argentina, in particolare la parte di valle che conduce a Bregalla, Creppo, Borniga e Realdo. Verso sud troviamo invece una valle lunga e stretta, attraversata dalla Fora di Taggia dove è possibile praticare canyoning.

Il ponte fu eretto nel 1958 con lo scopo di collegare Triora alla frazione di Cetta: corre ad un’altezza di circa 112 metri sopra la Fora di Taggia ed è uno dei ponti più alti in Europa. In passato era famoso per la pratica del bungee jumping, attività ora vietata.

Il ponte di Loreto e il vicino Santuario

Canyoning nella Fora di Taggia [ torna al menu ]

 

Grazie alla particolare conformazione del territorio, è possibile praticare canyoning nella Fora di Taggia. Il canyoning, chiamato anche torrentismo, è un’attività sportiva per cui si scendono a piedi i corsi d'acqua che scorrono all'interno delle gole scavate nella roccia, tra guadi e cascate.

Per quanto riguarda il torrentismo nella Fora di Taggia, i dati tecnici riportati sulla segnaletica riportano un percorso con dislivello di 65 metri e lunghezza 800 metri circa. Prima di tuffarsi o intraprendere il percorso bisogna verificare le condizioni meteo e la profondità dell’acqua. I percorsi di canyoning vanno sempre affrontati con un pò di esperienza e attenzione, utilizzando corde e attrezzatura idonea.

 

Scorcio sulla Fora di Taggia

Il Ponte di Mauta [ torna al menu ]

 

Poco distante dal Ponte di Loreto troviamo un ponte ben più antico, il Ponte di Mauta.  Il ponte veniva utilizzato in epoche antichissime: nelle gole della Fora di Taggia sono state infatti scoperte tracce di attività umana risalenti ai tempi antichi, alcune risalenti all’epoca preistorica. In particolare, alcune grotte e cavità testimoniano la presenza dell'uomo già nel III millennio a.C. e un’importante frequentazione di questi luoghi in epoca Neolitica.

Il Santuario di Nostra Signora di Loreto [ torna al menu ]

 

Proprio a fianco del ponte si trova il santuario dedicato alla Madonna di Loreto, in passato chiamato anche di Madonna del Ciapazzo, per via della roccia di ardesia su cui fu costruito, o di Nostra Signora delle Saline, in quanto qui si riunivano i contrabbandieri intenti a risalire la Valle Argentina per portare il sale in Piemonte.

Una volta terminate le incursioni nemiche da parte dei pirati, la chiesa fu ampliata come ex voto alla Madonna, e intitolata a Nostra Signora di Loreto.

 

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